Tuesday, May 31, 2005

Referendum

La chiesa, nel bene e nel male, e' stata l'unico potere che ha potuto influenzare tutte le scelte politiche negli ultimi duemila anni. Niente di male in tutto cio'; avranno fatto anche degli sbagli, ma almeno hanno preso delle posizioni ferme e decise sugli inevitabili interrogativi che il genere umano si poneva.
Siamo in tempo di referendum sulla procreazioe assistita e, tra lo stupore generale - vuoi per la paura di perdere un altra volta, vuoi per un dilaniamento interno che mina la stessa saldezza di principi di ogni suo accolito -, il potere temporale impersonato ha preso una decisione infelice, dichiarandolo anche pubblicamente: non andate a votare. Astensionismo, insomma.
Sarebbe un abile mossa politica per far perdere tutti e due i fronti, su questo non c'e' alcun dubbio, ma ponendo la (per loro) sventurata ipotesi che si raggiunga il quorum, quindi decretando un vincitore al dualismo della scelta, si presenterebbe davanti ai porporati e simili un tremendo responso: di essere degli ignavi.
Non criticate aspramente questa mia ultima parola, mica ha piu' la potenza espressiva del tempo in cui fu scritta dal divino Dante. Tutti quelli che hanno scelto come linea decisionistica quella proposta dal magnifico cardinal Ruini, di colpo si troverebbero appioppati al partito vincitore, scagliandoli lontano dalla protesta morale sui principi discussi. Perche' chi s'astiene patteggia sempre per il vincitore.
Non voglio fare slogan verso il "si" piuttosto che il "no", non e' mia intenzione, cerco solo di convincere che l'astensionismo e' un'arma a doppio taglio, che ha come unico scopo quello di rivoltarsi contro chi la sta usando. E ci si troverebbe di essere in balia delle onde altrui, scaraventati di qua' e di la, magari inseguendo una banderuola che continua a voltarsi indispettita. A volte si volta verso il "Si", a volte verso il "No". Senza poterlo decidere.
Penso che sappiate dove avete gia' sentito qualcosa di simile...

Gesu' nero

Le perverse teorie naziste sulla razza, anche se non in maniera lampante, si sono basate anche sul fatto che le maggiori personalita' del mito sono esclusivamente di pelle chiara. Ercole, Ulisse e lo stesso bambino Gesu' sono stati raffigurati da sempre bianchi.
Lo sforzo mentale che vi voglio proporre oggi e' il seguente: immaginate il bambin Gesu' nero. Non mulatto, nemmeno nordafricano, bensi' come un degno rappresentate della specie "africa nera". Immaginate che tutte le statuette che lo raffigurano, messe ogni natale nei presepi, non siano fatte di legno d'abete ma di scuro e pesante ebano, cosa che accomunerebbe in parte la nostra cultura con quella dell'antico egitto.
Fantastico, direte voi, soprattutto perche' ci sarebbero delle solide basi per ritenere che tutte le discriminazioni razziali note, non si potrebbero verificare per il semplice fatto che quel bambino, il padre spirituale del mondo "civilmente evoluto", e' di un bel colore scuro. Comprendo l'euforia che vi pervade.
Mi dispiace smontare il tutto, ma non credo che cambierebbe poi molto. Il problema di fondo della storia umana e' proprio il fatto di essere umani, quindi egoisti di natura, egocentrici e amanti delle persone forti. Non penso che un Gesu' nero possa solo risolvere dei problemi che ci sono stati e ci saranno; infatti chi ci assicura che le persone di pelle scura, acquisita la consapevolezza di essere dello stesso colore del divin bambino, non usino quest'arma come ricatto a possibili concessioni? Non ci sono dati certi in merito, ma la storia c'insegna che ogni cosa puo' essere possibile. Pensate solo alla paura della scomunica nel medioevo, non era una ricatto quello?
Penso che il grosso problema della storia non siano i simboli, nemmeno le correnti di pensiero deviate; penso che il vero problema della linea temporale sia l'uomo stesso, egoista e autoreputatosi padrone assoluto del mondo.
Ma che si spaventa ogni volta che qualcosa di strano compare bel cielo, si terrorizza al sol pensiero di andare nei piu' profondi recessi degli oceani e si stupische non poco quando un'onda spazza via qualche centinaia di migliaia di persone. Bel padrone del mondo...

Thursday, May 26, 2005

Mon dieu (4)

Non ha una voce possente e baritonale da entità superiore, nemmeno stridula e lacerante da demone, bensì un'insieme di armoniche assolutamente normali. Non credo assolutamente a quello che mi dice: afferma che mi ci è mancato veramente poco a scivolare giù, afferma anche che mi ha preso all'ultimo momento.
Quindi sono viva, nessuno glielo ha chiesto, ma sono dannatamente viva. Chi è questo? Che cosa vuole dalla mia vita? Lo odio profondamente; lo disprezzo perchè ha osato intromettersi tra me e il mio destino. E che non mi venga a dire di essere un emissario di quel che vuole: è una persona da odiare, indifferentemente da quel che mi possa dire.
Capisco ancora poco di quel che mi dice, parla un italiano stentato, e solo ora ho capito la prima azione sensata del figuro: mi ha appena offerto un tè. Caldo, liquido, saporito. Non volevo berlo, ma l'ho bevuto perchè me lo ha amichevolmente intimato, me lo ha fraternamente ficcato giù per la gola. La forca potrebbe essere questa tazza che reggo in mano, per quel che ne so. Ha un bel viso, non parla assolutamente male adesso, mi sembra che voglia una risposta.
Non mi lascierò ingannare da lui, so che è un altro dei loro. Un altro che vuole usarmi. Magari è tutto compreso nella mia espiazione. Quella espiazione che non merito. Terrena e dolorosa. Non eterna, quella sarebbe qualcosa di definitivo. Perchè non ho paura del dolore, ho paura dell'incertezza del dopo.

Macchine coloratamenrte omologate

In un trafiletto a bordo pagina, in fondo al tomo di cui sembra composta l'interezza di cotanta disinformazione, campeggia un mini titolo a caratteri infimamente cubitali. Esso non e' niente di speciale in se, afferma solamente che il Bel paese, statisticamente parlando, e' la nazione mondiale con piu' alta percentuale di macchine di color grigio metallizzato. Secondo nella classifica delle nere. Agli ultimi posti per quanto riguarda gli altri colori. Che significa questo? Significa che ci stiamo uniformando ad un medesimo standard, nella rassicurante alternativa posta dal "cosi' deve essere fatto".
Ma dove e' andato a finire il paese degli artisti, dove e' andato a cacciarsi questo pezzo di terre, reputato da sempre come come un continuo forno di idee e pensieri all'avanguardia? Il paese dove e' stato possibile il rinascimento, l'impero romano e le brigate rosse, esiste ancora? Il paese della ferrari, per giunta.
Non diamo la colpa ai singoli, piuttosto al tempo in cui vivono; vincolo temporale che li tiene legati a delle sicurezze, a contrastare il continuo barcamenarsi tra crac ed effimere certezze. Viviamo in una procella che continua ad alimentarsi, tutti ne siamo coscienti. Cari italiani dalle macchine argentee, io vi perdono.
Perche' so che non sappiamo piu' cosa stiamo facendo.

Wednesday, May 25, 2005

Letture inconsapevoli

Oggi e' una bella giornata, fuori tutto volge per il meglio e m'appresto ad aprire il giornale. Lo sfoglio.
[Fini afferma che le truppe italiane rimangono in Iraq solo perche' il tutto e' stato inteso nell'intento politico] ma va la'? [Si indaga sul bimbo affogato. Ancora niente di certo] quattro giorni che e' stato ritrovato, e non hanno scoperto niente? Mi pare impossibile. [Autobomba a Madrid] questa addirittura l'hanno messa in terza pagina: non fa piu' notizia l'attacco terroristico, meglio uno tsunami sulle coste livornesi. Lo stanno aspettando, vedremo. [Consulta: l'unione non vota] e da quando sono stati d'accordo su qualcosa? Questi due schieramenti sembrano la mangusta e il serpente. Ma continuiamo, non ho voglia di infangarmi. [Naufragio nel canale di Sicilia. Morti] i soliti che cercano di attraccare a notte fonda per non farsi riconoscere. [Giovane muore nel salentino] e quando mai i giovani non muoiono?
[Questa sera la partita della vita per Ancelotti] ecco qualcosa su cui soffermarsi. Aspetta che legga meglio. No! Ma che cavolo di formazione mette in campo... e' uno scellerato! Vediamo il Liverpool. Vincono. Gli inglesi, non gli italiani. Peccato, quanta fatica sprecata. Questa sera lo guardo? Lo guardo. [A Renee Zellweger una stella sul marciapiede ad holliwood] ma che, sono scemi? Quella piaciotta li, che non sa neanche recitare, danno un posto di prestigio tale? Mi ci metto io a fare l'attore, magari prendo anche l'oscar. No! Costantino ha deciso di non rasarsi piu' le ascelle! Ma allora quella storia...

Monday, May 23, 2005

Cuscino

Quando vi si dice la parola "cuscino", a che pensate? Probabilmente tornerete con la memoria al caldo giaciglio appena lasciato, all'accogliente morbidezza il quale par ch'esprima e, questo solo per i piu' abbietti all'esercizio telecomandesco, alla multicolore marmaglia che stropicciate ogniqualvolta la tensione televisiva s'accumula. Magari al cuscino di seta che custodite nell'armadio, aspettando l'occasione buona per usarlo. Anche al cuscinone che vostra madre mette ai piedi del letto, per completezza a quello in testa.
Ma effettivamente che cos'e' un cuscino? E' pressapoco qualche etto di bambagia piu' o meno sintetica, rivestita con delle stoffe presupposte pregiate, chiuso con degli espedienti vari, quali bottoni, bottoni automatici, velcro e alamari. Su di esso ci si appoggia la testa, a volte il sedere e, anche se si pensa di essere perfettamente puliti, si va a riporre su di esso delle scaglie d'umano. Frammenti di pelle morta, saliva, sangue. Lo potete sprimacciare molte volte, rivoltarlo all'aria aperta un'infinita' di tempi, sta' di fatto che quello penetrato non puo' piu' uscirne. Basti pensare all'odore che emana quando gli si appoggia la testa: non un odore asettico, ma qualcosa di discordante con il senso comune di pulito. Anche quando lo si lava, infatti, ha un alone nel sottofondo olfattivo di sporco. Sporcizia umano. Noi.
Ed anche se vi indignerete dopo questa lettura, tornerete a farvi abbracciare la testa dal tenero poggiatesta, una volta concluso che non c'e' niente da aver paura. Perche' e' difficile privarci di una parte di noi, anche se e' staccata dal resto del corpo. E' per questo che si sta male quando lo si butta via. E' una parte di noi stessi.

Peccato

Ti sei allenato duramente, la gara che ti appresti a fare e' il punto culminante della stagione agonistica. Le gambe sono pronte, agili e scattanti. Non aspettano altro che il via. Gli addominali sono ben sviluppati, le braccia proporzionate a arte e la testa, quel groviglio di pensieri inestricabile, ora e' un campo di battaglia spoglio. Calma piatta. Mortale quiete. Teso riposo.
E' l'ora; lo starter chiama tutti i concorrenti ai loro posti, i blocchi sono stati posizionati con meticolosa cura, quasi certosina nell'imperfezione del gesto, quindi non ti stupisci che s'adattino cosi' bene alla posizione iniziale dello sforzo. Quello sforzo voluto, richiesto dai duri allenamenti cui ti sei sottoposto.
Ha chiesto di posizionarsi. Fatto. Ha chiesto il silenzio dal pubblico. Fatto. Intima a noi di restare con le mani dietro la riga di portenza. Ci sono. Dice di essere pronti, c'intima di stare all'erta perche' la partenza e' pronta.
Sei in posizione, piacevolmente teso, e i muscoli sono contratti al massimo nell'attesa dello sparo. Proprio quando pensi a questo, il destino fa partire lo sparo traditore: gli altri partono. Tu resti, seppur per alcuni millesimi di secondo in piu', incollato alle pedane.
Ti vien da gridare, di implorare a qualche dio di far tornare indietro il nastro della storia. Mastichi amaro. Lo sforzo c'e', ma e' tutto inutile: se ne sono gia' andati. Arrivi in qualche modo. T'accasci al suolo, non perche' sei esausto, ma perche' sai di aver perso un occasione. Di provare a competere con gli altri.
Eterno secondo.

Thursday, May 19, 2005

Mon dieu (3)

Riapro questi occhi non piu' occhi - forse l'ultima -, per sapere il responso sul breve passato, e quindi la direzione del prossimo, eterno futuro. Questo emissario di Dio, o comunque l'incaricato a svolgere questo genere di pratiche nell'aldila', sta davanti a me. Non credo che questa sia la sua vera forma, non puo' scostarsi di cosi' tanto dalla narrazione classica: davanti a me un ragazzo, di forse venticinque anni, seduto su un alto sgabello. Di quelli che puoi trovare davanti al bancone di un bar. Ha una gamba sul piolo del piedistallo su cui sembra aggrapparsi e l'altra, quella a terra, batte il tempo di quello che sgorga dall'ottone. Sta suonando un sassofono.
Non e' jazz, nemmeno blues, piuttosto una calda e corposa armonia di passi lentamente ritmati, che entrano dal naso e vanno a finire in fondo allo stomaco. Alla base, dove veramente si riesce a capire l'arte. Dove il magone che si forma sembra sempre piu' grande di quel che e'. Dove l'emozione e' difficile da classificare. Dove ci si sente vulnerabili.
Non riesco a decifrare appieno il messaggio, forse dovrei intuire qualcosa da questo enigmatico swing. Forse dovrei smetterla di farmi delle domande. Ha smesso di suonare, sembra che m'abbia sentito, adesso si e' voltato verso di me e sorride. So che deve darmi una sentenza definitiva, spero solo che sia adatta a quello che ho fatto. Non voglio pieta', voglio solo il giusto.
Sulle cose che ho fatto e su quelle che stanno accadendo.

Tuesday, May 17, 2005

Acquazzone

C'e' un afa tale che l'asfalto sembra sfrigolare. Le ascelle sudate, le scarpe di cuoio che cuocciono e la bocca perennemente impastata, non fanno altro che aumentare la sensazione di opprimibilita'. Plik. Plik.
Due goccie, probabilmente provenienti dall'impianto di irrigazione qui di fianco. Meglio che mi sposti, certe cose non sono socialmente accettate. Plik. Plik. No, questo non e' stato quello spruzzo. Guardo in alto e vedo addensarsi nubi lattee. Plik. Plik. Maledico quel che sta' succedendo: sicuramente sara' una di quelle maledette pioggerelline che evaporano a terra. Preludio del soffocamento. Plik. Plik. Plik. Mi metto sotto questa pensilina, c'e' persino una comoda sedia. Mi siedo e aspetto l'attacco di potente umidita'. Plik, Plik, Plik. Ecco, comincia, adesso fara' un sommesso trambusto per un po', poi lasciera' definitivamente queste terre per approdare ad altri lidi, e seminare ulteriore subdola distruzione d'intenti. Plik Plik Plik.
Colto di sorpresa, torno ad osservare il cielo: spesse nubi si stanno addensando. Plik Plok. S'e' alzato anche un po' di vento, la pensilina comincia ad inarcarsi. Plok Plik. I cani tornano nelle loro cuccie, i gatti si rintanano in qualche buco ben protetto. Plok Plok. Mi nascondo anch'io, ma resto a guardare che succede. Mi sembra di vivere in una minaccia. L'aria s'e' fatta frizzantemente elettrica. PlokPlikPlikPlokplikPlokplokplikplikplokPlikplikplokplikplokplik. E' un turbine d'acqua. La giustizia divina resa manifesta. Spessi strati di melma compaiono du ogni piano. plikplokplikplikplok. Ci sono umani che la stanno subendo, li posso intravedere dietro al muro d'acqua. Macchine disorientate procedono piano. plikplokplikplokplikplikplok. L'attimo culminante: metri cubi d'acqua per centimetro quadro, scaricati con inaudita furia contro qualsiasi cosa. Colpisce anche me, cosi' bene nascosto. Reputatomi bene nascosto. plioplokplikplokplikPlik. Comincia a scemare.Aspetto. PlokPlikplikplok. Forse gli dei sono soddisfatti di quel che hanno seminato. Che hanno sparso. PlikPlikPlokPlikPlok. Tutto intorno a me tornano a delinearsi le cose nella loro nuova forma. PlikPlokPlik Plok Plik. Ci sono pezzi di chiunque sparsi un po' d'appertutto. L'asfalto sembra scavato. Plik Plok Plik Plik Plik. Gli animali tornano ad affacciarsi timidi. Plik, Plik, Plik, Plik, Plok, Plik. Sembra finita, ma non m'arrischio ad uscire. Magari aspettano proprio questo. Plik. Plik. Plik. Plik. M'espongo di piu'. Plik. Plik. Sembra veramente finita. Plik. Si, forse e' finita. PLIK. Finita.
Esco, osservo tutt'intorno a me la purificazione attuata. L'aria non e' piu' opprimente, ora posso persino fare una corsa senza morire stecchito. Posso continuare ad impossessarmi appieno delle mie facolta'. Posso tornare ad essere io. Umano

Consueta epica battaglia

E lo sveli al mondo, polverosamente presente nel fondo porcellanato, noncurante della trasformazione subita poc'anzi ad opera di tuoi simili. E' grato a tutti noi, ma non troppo. Stava bene anche prima.
Quando tocca il fondo, contrariamente al senso comune, il prestigio a lui attribuibile s'accresce in maniera esponenziale. Non c'e' alcun dubbio: e' il re di quel luogo diafano. Un dio supremo sulle sue terre.
Pericolosamente il nemico nero s'avvicina, sempre piu' velocemente, fino a toccare la dolciastra essenza della perfezione. Dopo un prmo tempo di passivo supplizio, con lenti e maestosi esercizi di assoggettazione, anche la sostanza nera - il male? - viene domata e sconfitta. A questa impari lotta il potere supremo non ne esce incolume, infatti ha assunto, seppur non definitivamente, parte del colore dell'usurpatore.
Quando tutto sembra volgere a favore dell'immensa potenza manifesta, arriva dall'alto un secondo pretendente al regno illegittimo. Esso e' bianco, mandato da dei lontani e irriconosciuti; questa volta la carica e' impressionante, la quantita' con cui viene a cercar di sconfiggere e' qualcosa di non piu' arginabile, contrastabile. Potenza suprema piu' grande del presunto supremo stesso. Ed e' tutto finito, anche questo dio se ne e' andato per sempre, soppiantato da qualcosa che lo fara' dimenticare. Ma che ci si dimentichera' a sua volta inghiottito dall'oblio eterno. Il buco vivente che si cibera' del campo di battaglia.
Quando questo zucchero, questo latte e questo caffe' la smetteranno di litigare.

Sunday, May 15, 2005

Nostalgia

La solitudine non e' poi 'sta brutta cosa: essa ti accompagna nei momenti di profonda riflessione, cullandoti nel rassicurante immobilismo dell'ativita' acustica; ti conforta con l'assenza di casualita' delle manifestazioni ponendoti, talvolta, un germoglio di qualche buona idea su uno dei svariati migliardi di neuroni di cui sei dotato. Non e' poi detto che questo germoglio tu lo faccia divenire fiore sbocciato, ma questo e' un altro problema su cui, magari, si fara' un articolo in futuro.
Dall'altro lato, si puo' vivere la solitudine con ansia, magari intendendola come l'assenza di quella partecipazione alla brillante inscenata sociale, facendola cosi' divenire un nemico strisciante, opprimente e indefesso nei suoi oscuri e subdoli motivi per soffocarti. E quindi ti ritrovi a casa, davanti ad una sciocca trasmissione domenicale, a scolarti quanto di piu' adatto a fuggire, suppur di poco, da quela realta' che non ti appartiene piu'; ti scopri curvo al telefonino, a mandare messaggi deliranti, assoluti e inopportuni, intimando quella maledetta persona a fare quello che tu vuoi, pena qualcosa di pazzesco e definitivo; a vuotare il frigorifero. Andare a vedere dei siti hard tra una canna e l'altra, se non di peggio.
Con il passare degli anni, acquisita una certa padronanza delle emozioni - o a causa dell'ardore scemato -, ricordi con nostalgia quei momenti di assoluta pazzia e, a situazione riproposta, dopo una sorridente alzata di spalle, vai fuori a farti una sana corsetta di sfogo.
Non piu' una feroce tigre che sbrana tutto quello che si muove ad un certo raggio da lei, ma un saggio panda che s'accontenta di mangiare le care e vecchie foglie.

Friday, May 13, 2005

Mon dieu (2)

Dovresti essere deceduta, o almeno e' quello che succede di solito quando ci si butta nel fiume; paradiso o inferno ha poca importanza, quello che importa e' che sei irrimediabilmente morta.
Questo aldila' e' alquanto strano: ricordi perfettamente tutto quello che e' successo nella tua vita, anche l'ultimo tragico istante, e riesci a percepire degli strani odori, forse l'anticamera della dannazione eterna. Una calda coperta di lana grezza pare accoglierti nel suo grembo. Non ti piace questa sistemazione, ricorda troppo quello che hai lasciato. Attendi sviluppi.
Ti accorgi che puoi muovere anche gli occhi, hai persino delle palpebre. Non possono essere veri occhi e reali palpebre, non qui nell'indefinito. Non deve essere cosi' dannatamente reale.
Una volta aperte le immaginarie palpebre, quello che ti si presenta davanti agli occhi e' quanto di piu' inimmaginato: un sottotetto di spesse travi di quercia, un abbaino su qualcosa di indefinito - forse il nulla -, un paravento alla tua destra e un tintinnio al di la di questo. Dei vecchi ottoni sparsi qua' e la.
Quel tintinnio si sta avvicinando, speri che sia colui che giudichera' il tuo operato, che ti fara' fuggire da questo luogo troppo terreno. Avverti un'incredibile stanchezza, deve essere necessariamente dovuta all'impotenza manifesta nei confronti di colui che s'avvicina. Colui che ti dannera' in eterno. Perche' non meriti la salvezza, semplicemente non la vuoi. Pensi che sia tutto finito.
E crolli di nuovo; non prima, pero', di aver avvertito un particolare frammento del tuo blues preferito.
Questo al di la' non ti piace, ma non si puo' piu' tornare indietro.

Wednesday, May 11, 2005

Giustizia divina

Contornata da un'immensa sicilia in fiamme se ne sta' una bambinella, di forse dieci anni, che implora.
Non implora nella maniera classica, non incute senzazioni supplichevoli, bensi' stimola orrore. Questa raffigurazione di crudelta' vuole la ragazzetta ghermente l'al di la' della tela, terrorizzatamente implorante di essere liberata da quel mondo che se ne sta' andando tra le lingue delle fiamme; non si puo' liberarla, non lo si puo' fare essenzialmente perche' la bambinetta ha sbagliato espressione del viso, ispirato al famoso Urlo, che piu' di avvicinare, tende ad allontanare.
Nel brulicante immobilismo creatosi, la mostruosa ragazzina se se sta' immota tra le fiamme, con la gamba sinistra appoggiata ad un immaginario scalino, continuando a chiedere un insperato aiuto. Ad una piu' attenta visione, pero', si riesce a cogliere un secondo aspetto del viso: quella bambina non sta chiedendo aiuto, vuole solo cercare di fuggire dal destino a lei assegnatogli, per cercare di bruciare anche il mondo che sta al di qua' della tela. Solo ora si capisce che non sta' subendo niente, che quell'incendio l'ha provocato lei, accecata da quella perversione, ora dissimulata quanto mai efficacemente. Una brusca salvezza. Bruttissima bambina non ci avrai mai, le tue squamose labbra non si poseranno su pelli umana, non piu', e non avrai piu' occasione di rovinare esistenze.
Parte del tuo nero vestitino si sta incendiando, ora anche la mano sinistra. Pure il gomito
[Colombotto Rosso, "L'urlo"]

Tuesday, May 10, 2005

Caramellate il colosseo

E' partita la scalata ad Antonveneta, una delle poche banche rimaste italiane, da parte di una importante societa' di assicurazione olandese; i centri commerciali appartenenti al bel paese sono oramai sporadici; l'invasione dei prodotti asiatici sta provocando una marea di licenziamenti, soprattutto nel campo tessile, paragonabile solo alla crisi del '29. Argomenti scomodi, direte voi, meglio parlare di cose piu' alla portata di tutti, capibili da tutto il basso volgo (me compreso). Non voglio discutere sul ridicolo patto con gli italiani, nemmeno di alte finanza, comunque voglio provare a fare uno scellerato esempio per rendere capibile che cosa sta succedendo.
Pensate di carammellare il colosseo, proprio tutto, e di pubblicizzare in tutto il mondo l'avvenimento. D'apprima gli italiani si sposterebbero in massa per vedere questo gigantesco dolcetto ma poi, organizzatisi, anche gli stranieri accorrerebbero a frotte per gustare il bel paese. Si vedrebbero i tedeschi affondare i lunghi baffi nei dolci marmi calcarei capitolini; gli olandesi fumarsi cose innominabili tra un'abbuffata e l'altra; i francesi gozzovigliarsi irrispettosamente, lagnandosi poi della scarsezza di servizi igienici; gli inglesi, aristocratici e padroni del mondo, accedere all'attrazione attraverso dei percorsi a loro dedicati. Non parliamo degli americani e dei cinesi: si contenderebbero qualunque leadership. Quando oramai anche l'ultimo granello di marmo sara' ingurgitato, gli stranieri guarderanno con disgusto la scomparsa della dolce ombra del fu magno catino, e malediranno gli italiani per quello che sono riusciti a combinare un'altra volta. Ma dentro di loro, nel piu' profondo del loro orgoglio nazionale, aspetteranno con trepidazione la prossima abbuffata, ovviamente organizzata dallo stivale. Perche' gli sbagli qui' non si correggono: si tende a dimenticarli e a rifarli.

Monday, May 09, 2005

Fantasia repressa

Al giorno d'oggi si stima che nel mondo, su questa punto fangoso nell'universo, la popolazione umana mondiale abbia raggiunto i sei miliardi di unita'; detto questo, ponendo che un terzo sia prettamente dedicato solo alle materie matematiche, un quarto allo schiacciamento di pulsanti davanti alla tv, un bel quinto alle pratiche sportive, un altro consistente quinto troppo occupato alla priopria carriera, e un ottimo sesto di tutto questo non gliene frega niente, scopriamo, tra lo stupore generale, che i milioni di tomi dedicati alle opere letterarie, non sono neanche lontanamente paragonabili al miliardo di persone potenzialmente redattrici. Questo e' un insulto all'intelligenza umana, uno scempio alla teoria che vuole il lobo sinistro del cervello, e quindi la meta' del nostro potenziale intellettivo, interamente dedicato all'elaborazione della fantasia. L'antitesi del cosiddetto dominio del genere umano. L'annullazione della differenza tra noi e la scimmia.
Probabilmente tutto questo e' dovuto all'incredibile pigrezza in cui ci siamo calati, probabilmente e' anche un certo timore nei confronti dei scrittori piu' quotati - un confronto, infatti, sarebbe impietoso -. Magari e' anche un po' di paura. La paura che coglie ogniuno quando vuole dire qualcosa di veramente suo, la paura di emozionarsi troppo davanti ad una rappresentazione teatrale ben riuscita. La paura di dire qualcosa che contrasta con quanto appena detto dal gruppo. Di scottarsi tra le fiamme. Di mangiare il dolce veleno dell'improvvisazione, esternando troppo il proprio essere. Di farlo diventare spot.

Sunday, May 08, 2005

Liberiamo la liberta'

Oggi la liberta' e' un concetto quanto piu' vasto possibile; oramai questa parola si puo' usare nei piu' svariati campi, non e' infatti inusuale sentire l'espressione "liberta' d'azione", piuttosto che "liberta' dalle forze agenti", piuttosto che "liberta' dall'oppressione del regime". Vista tanta proliferazione di significato, vista soprattutto la sempre piu' crescente manchevolezza di basi filosofiche in merito, e' mai possibile che questa parola tanto usata nei giorni d'oggi abbia perso quella sacralita' tanto decantata dai menestrelli del regno?
Su tutti i vocabolari c'e' una definizione in merito ed e' curioso, a riprova di tutto quello detto prima, osservare come in tutti gli anni, a queste sette lettere vengano aggiunti sempre piu' definizioni. "Fantastico, che c'e' di male?" direte voi in merito. Beh, mi dispiace deludervi, ma non penso che tanto dilagare possa esprimere un concetto unico ed apollineo, in linea con quello espresso dai padri; basti pensare al sempre piu' vicino rifiuto d'espressione della parola "pace", in parte collegata con colei a cui dedico questo articolo, adoperata a sproposito a riguardo della recente guerra del golfo. Essa, d'apprima usata come forma spontanea di protesta contro la guerra, e' stata ora accomunata ad una specifica fazione politica: disgusto.
Quindi vi prego, vi suppico ed imploro: non mandate la liberta' a mendicare per le strade dei concetti.
In questa societa' povera dei medesimi, riassunti in poche righe sul retro del cartone del latte. Sul bordo inferiore di un cartellone pubblicitario. Sull'elastico degli slip. Nelle istruzioni d'uso.

Thursday, May 05, 2005

Mon dieu (1)

Valuti sempre piu' insistentemente l'ipotesi di questo ultimo salto, soppesando soprattutto il futile motivo per cui sei venuta in questa magnifica citta': stai inseguendo un sogno.
Sin da piccola la danza e' stata la tua passione: nella tenera infanzia ti ha accompagnata come una sognante stella cometa, divenendo con il passare degli anni un ossessione, mitigata solo in parte da quei due o tre ragazzi a cui hai potuto concedere il cuore e loro, puntualmente, non t'hanno capita. Hai le scarpe sempre piu' inzuppate, oramai ti sembra che i piedi si stiano affogando nelle alghe della tomaia, ma quello che ti preoccupa non e' tutto questo, quello che ti preoccupa e' il futuro quanto mai incerto.
Per te la danza e' uno stile di vita, solo sul palcoscenico riesci ad esprimere veramente tutta te stessa, cosa che non riesci a fare quando te ne scendi, timida ed inpacciata, sempre alla ricerca di un sogno. Non cerchi l'uomo perfetto, vuoi solo qualuno che ti riesca finalmente a capire, magari non del tutto, ma che comunque cerchi di comprenderti e di proteggerti contro la bolgia di caimani. Sai che un uomo del genere non puo' esistere, ma che costa sognare, dopotutto? Infatti, che costa... costa solo un passo, quello che mi accingo a fare.
Qualcuno s'avvicina scalpicciando, speriamo non tenti di salvarmi. Non lo merito.

Wednesday, May 04, 2005

Programmazione

Sei un programmatore, magari anche bravo, e devi portare a termine un progetto entro una data ora. Nella tua mente un'idea c'e' gia', la provi sommariamente su carta, fai delle prove sul computer e scopri che quell'idea potrebbe funzionare. Bene, sembra fatta, basta solo fare il contorno, la cornice di un quadro eseguibile. Poetico.
Esaltato dalla fresca conquista di qualcosa d'esatto, ti getti sulla tastiera per intagliare un gioiello degno di quel nucleo all'apparenza innovativo, comunque tuo. Un diamante prodotto da te. Un diamante da incastonare.
Quando finalmente sei convinto d'aver incastonato degnamente quel gioiello d'intelletto, decidi che l'esecuzione di tutto quel ben di Dio sia solo una formalita' da sbrigare. F9.
Non funziona, davanti a te una lista interminabile di errori sconosciuti, aventi come unico scopo quello di farti sprofondare nell'ade informatico. Il tempo incombe, il progetto deve essere consegnato tra pochi minuti e quel programma, su cui oramai hai passato notti insonni e giorni tristi, non e' piu' quello che avevi pensato: l'hai snaturato. Pochi secondi ancora mancano, gli errori sono si' diminuiti, ma non di molto.
Dai un pugno alla tastiera, pigiando dei tasti infami che cancellano una misera virgola e fanno partire l'esecuzione.
Il programma funziona. Ti sei scervellato per una virgola messa nel punto sbagliato, rovinando tutto.
Ah, che bella la vita del programmatore.

Tuesday, May 03, 2005

Ritratto di un eroe misconosciuto

I figli dei nostri figli, magari anche gli stessi nostri figli, non sapranno chi e' stato Callipari. Questo tiepido cinquantenne, di aspetto assolutamente banale, e' stato il coordinatore delle azioni di intelligence italiane in Iraq; e' stato lui, assieme ai suoi piu' stretti collaboratori, a liberare tutti quei nostri patrioti invischiati nella trappola del rapimento a scopo di riscatto. Bellissimo, fantastico, finalmente un uomo di sani principi e salda fermezza nei valori, direte voi. Non si sa nulla di preciso sulle sue operazioni, quindi restate pure nelle vostre convinzioni, anche perche' non siamo qui' per parlare di questo. A proposito, questo uomo e' morto per salvare l'ennesima vita dalle grinfie dei rapitori iracheni.
E' morto grazie ad un posto di blocco americano, un incidente, la cui dinamica viene spiegata in due rapporti: uno americano e l'altro italiano. Lo scherzo del caso vuole che questi siano in gran parte discordanti e, visti gli "ottimi" rapporti di sudditanza dell'italia, gia' da ieri la corrucciata segretaria della difesa americana si e' adoperata in una telefonata per chiarire chi comanda.
Vedrete, per i nostri figli questo uomo non sara' mai esistito.

Monday, May 02, 2005

Vita da pagliaccio

Oggi il clima e' festosamente gioioso, nel tendone la felicita' e' palpabile in ogni sedia, tavolino o giocattolo di sorta. E' il mio turno, la folla con le mani battenti aspetta solo me. Sono teso, non e' la prima volta che faccio quest'entrata, ma ogni volta e' la stessa storia. Gambe tremanti. Tentennamento nella voce. Succede.
Entro, la gente riesce a a riconoscermi sin da subito, io contraccambio con un inciampo ad arte. Sedere a terra, espressione desolatamente triste e buco nella scarpa bene in vista. Prima ondata di ilarita'. Fantastico.
Mi rialzo, faccio un balzello, poi un altro saltello, poi ancora mi riaccascio al suolo. Seconda, terza, quarta ondata. Un bambino si tiene l'addome, la madre ha il viso squarciato da un sorriso. Sono stato io.
Mi destreggio in improbabili esercizi magici, sbagliandoli come programmato. Talvolta mi ritrovo a terra, tal'altra no. Tutto come previsto, tutto perfetto. L'abbondanza di cerone e' solo una maschera per aumentare il buonumore. Un poppante, forse non comprendendo che sto facendo, batte le manine spaesato. Vuole imitare gli altri. Non me, intuisce che quello che faccio e' solo finzione.
Con un ultima capriola ed un finale a capofitto sul pavimento, mi ritrovo a salutare tutto quel dilagare di risa.
Lasciato dietro di me il sipario, abbandono quel calore umano. Quel calore inventato da me.
E che il domatore dei leoni mitighera'.

il male - pensieri posteriori ad una visione illuminante

Nell'antichita' era qualcosa da esorcizzare, da evitare con ogni mezzo. Lo si raffigurava nelle figure classiche, sconfitto da personaggi di indubbia fama quali santi protettori, personaggi d'alto lignaggio e papi vari. In posti lontani, idilliaci e idealizzati in simboli di sicuro significato. Lo si confinava.
Quando oramai anche le figure classiche cominciarono a non dire piu' nulla, soprattutto grazie all'avvento della rivoluzione industriale, si comincio' a raffigurarlo nella vita di tutti i giorni: sempre da esoircizzare, ma qualcosa di quotidiano, presente nel mondo in cui si vive. Si volette confinarlo.
Quando anche l'ottimismo industriale vene a meno, si innesto' nella morente onda illuministica un totale disfacimento dei valori umani, che porto' ad una totale incomprensione su cosa era "buono" e cosa era "cattivo". Non ci si stupi' piu' di nulla, oramai la quotidianita' era solo una monotona marcia verso la morte, la vita una alienazione non chiesta. Dove riporre le speranze, allora? Nella sessualita' spinta, nelle pratiche esoteriche, nel blasfemo. Potete metterci qualunque cosa volete in questa lista parziale, vi stupirete nell'accorgervi che tutto verte attorno alla figura del male. Oggi questa parola non significa piu' nulla, e' solo una vecchia etichetta per bollare cio' che e' incomprensibile. Appena sara' comprensibile gli si dara' il nome piu' opportuno. Non si vuole piu' confinarlo, ma spiegarlo.